VITE 2017

Terminato un periodo di intenso lavoro, e dopo essermi preso un po’ di tempo per riflettere, mi è sorto il desiderio di mettere nero su bianco un paio di pensieri circa la nostra festa del vino del 12 giugno 2017.

VITE 2017, la terza edizione del nostro più importante evento di degustazione, mi ha dato l’impressione di aver mostrato il suo profilo migliore.

Il fatto che 40 vignaioli nostri ospiti, inclusi alcuni amici del mondo del vino italiano, e insieme a Zalto e Reisetbauer, abbiano partecipato di persona e servito i loro vini a più di 400 invitati, è stato un simbolo per me della potenza di questa manifestazione, e mi ha riempito di un profondo ed intenso sentimento di gioia e soddisfazione.

Non posso scordare l’immediata disponibilità del Signor Michael Goess – Graf Enzenberg a concederci la meravigliosa Tenuta Jöchelsthurn, con il suo splendido giardino, come perfetta location proprio nel cuore di Vipiteno. Per questo desidero ringraziare ancora una volta il proprietario e tutti i suoi collaboratori, che sono stati davvero preziosi nel continuo supporto che ci hanno fornito.

È stata una fonte di gioia l’immediata e spontanea partecipazione con la quale i produttori hanno deciso di essere presenti alla giornata, sopportando in silenzio le fatiche del lungo viaggio.

Inoltre, sono veramente grato per l’entusiasmo con il quale tutto lo staff del Pretzhof ha supportato questo progetto fin dall’inizio, in particolare la mia famiglia e mia moglie Ulli.

Sono stato molto felice che ciascuno dei nostri partner e fornitori abituali, che ci accompagnano da decenni, abbiano accettato senza riserve anche questa sfida, in certi momenti faticosa per tutti, e abbiano messo a disposizione il loro lavoro e le loro abilità con grande professionalità.

Tutto questo è stato necessario, in quanto siamo stati ospiti in una tenuta che più bella non si può, e che abbiamo risvegliato da un lungo sonno profondo, durato per anni.

Ora, in relax e con il senno di poi, mi rendo conto che siamo riusciti ad organizzare una grande festa con vini spettacolari, e con i personaggi incredibili che vi si celano dietro, e spero che siamo riusciti a donare una giornata indimenticabile ai nostri Clienti ed Ospiti.

Ci eravamo posti l’obiettivo di trasmettere, con questo evento, la nostra personale idea del mondo del vino, che si è sviluppata e definita nei decenni, grazie ad innumerevoli viaggi e ad esperienze indimenticabili vissute con uomini speciali che ci hanno accolti nelle loro cantine e nelle loro vigne. Una realtà che cerchiamo di comunicare sempre con grande piacere.

I complimenti che abbiamo ricevuto da Voi, cari Ospiti e Clienti, e anche dai produttori che hanno preso parte alla giornata, ci fanno pensare che siamo riusciti a centrare l’obiettivo.

Per questo vogliamo ringraziare di cuore tutte le persone che, da vicino e da lontano, si sono unite a noi in questa giornata di festa.

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Dall’esperienza all’nuovo

zilli24 e 25 Giugno 2016, in pieno solstizio d’Estate, Hanno Zilliken passa la mano a sua figlia Dorothee Zilliken, chiudendo e contestualmente aprendo una fase in una della aziende più rappresentative di quell’area che oggi viene genericamente denominata Mosel, ma che forse, nel suo caso, andrebbe maggiormente contestualizzata nello specifico ed unico territorio della Saar di cui è il massimo interprete insieme ad Egon Müller.

Ho passato alcuni giorni a meditare a cosa avevo assistito, a come, la famiglia Zilliken, avesse celebrato questo passaggio storico e  fondamentale, ho cercato di interpretare i movimenti di Hanno e Dorothee, ho cercato di immaginare a cosa accadrà ora in questa azienda che ha sempre dato a tutti l’impressione di essere basata sulla solida personalità di Hanno.

Man mano che passano i giorni il quadro si delinea e la distanza temporale sembra definire meglio i contorni di quanto è avvenuto.

Quella a cui ho partecipato non è stata solo una festa, ma principalmente è stata una cerimonia di passaggio, con i tempi chiari e scanditi, con attori che svolgono il ruolo di protagonisti nella rappresentazione a loro dedicata e si limitano al ruolo della spalla durante la rappresentazione dell’altro, la celebrazione della storia da una parte, la gioia di una storia che comincia dall’altra.

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Il 24 Giugno è il giorno di Hanno, una sala essenziale, un grande tavolo apparecchiato in maniera impeccabile, 2 bicchieri a testa, quello a destra per degustare, il bicchiere a sinistra per il vino che vuoi riassaggiare e vedere come evolve nel tempo, 28 invitati e una brochure che indicava una sequenza di 24 vini divisi in 6 serie da 4 in una successione apparentemente casuale, ma con una logica stringente basata sulla conoscenza storica dell’azienda, dei vini e delle annate…Hanno ci ha parlato di lui non citandosi mai, ma parlando solo ed esclusivamente dei suoi vini, del ricordo delle annate, dell’interpretazione di quella specifica vendemmia, con il rigore essenziale di un monaco Zen, lo stesso rigore che per anni abbiamo amato nei suoi vini.

Il 24 Giugno è anche il giorno di (nome del padre di Hanno, non lo ricordo), siede a tavola con noi fisicamente e attraverso uno dei suoi vini magistrali, il Rausch Feineste Auslese 1961, è un tributo dovuto, stiamo celebrando il futuro dell’azienda, è bene ricordare da dove siamo venuti.

Il 25 Giugno è il giorno di Dorothee, una giornata particolare cominciata nella vecchia fabbrica di campane di Saarburg. Sembra una visita casuale, ma scoprire la cura maniacale che richiede la costruzione di una campana perfetta, comprenderne i legami strettissimi con il territorio dove vengono create, racconta molto di questa azienda, della cura con cui coltiva e produce, del legame con le tradizioni e il territorio di appartenenza.

La giornata non poteva continuare che con una visita alla collina del Rausch, con il suo terroir unico grazie agli affioramenti di basalto verde, alle pendenze estreme e alle esposizioni che vanno da ovest a sud ad est, si fa visita ai vigneti, alcuni a spalliera, altri ad alberello, tutti rigorosamente di riesling.

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La giornata finisce in azienda, dove questo evento è cominciato nel pomeriggio del 24, ma questa è la giornata di Dorothee, che celebra il passaggio con un discorso corale, appassionato, ironico e solare, perché Dorothee è una donna appassionata, ironica, solare ed intelligentissima, non fatevi ingannare, ha la stessa anima d’acciaio di suo padre, lo stesso rigore, ma tende a nascondere il tutto in una fodera di velluto, cambia la forma, ma la sostanza rimane la stessa.

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Abbiamo amato i vini di Zilliken della gestione di Hanno, ameremo quelli di Dorothee, non aspettatevi che siano uguali, non è giusto che lo siano perché le persone cambiano e ognuno porta le proprie sensibilità, ma aspettatevi che abbiano la stessa naturale tensione verso l’eccellenza.

Ora forse vi aspetterete che io vi faccia la lista dei miei vini preferiti durante la degustazione, ma non la farò, il 24 e il 25 Giugno sono stato testimone di un evento storico, per chi, come me, è un grande appassionato di vino, ma in quei giorni non ho semplicemente partecipato ad una degustazione, sono stato testimone di un evento ed ho avuto l’onore di poter leggere la storia di un’azienda e una famiglia attraverso oltre mezzo secolo dei propri vini.

Di questo sono grato alla famiglia Zilliken, per l’invito che ho ricevuto e per il rigore con cui hanno interpretato il loro ruolo di testimoni ed interpreti.

Invito VDP alla degustazione della vendemmia 2015

Con piacere ho accettato l’invito dell’associazione Vereinigung Deutscher Prädikatsweingüter a Berlino, per la degustazione della vendemmia 2015.

Un evento inconsueto nella regione dei costruttori di automobili e dei gran bevitori di birra. È tuttavia straordinaria la maturità raggiunta dal mondo vitivinicolo tedesco negli ultimi 10 anni.

L’annata 2015 viene ampiamente elogiata sia dalla stampa specializzata che dagli stessi viticoltori. In realtà il 2015 non è stato privo di problematiche, come di seguito si descriverà. Fino a metà agosto i viticoltori si attendevano l’annata del secolo. Dopo un 2014 modesto, si stava diffondendo una certa euforia. Improvvisamente però è giunto un periodo di estrema siccità, che ha sfidato la robustezza delle viti. Poco prima della vendemmia, interminabili giorni di pioggia e di umidità, hanno corrugato i visi di molti viticoltori. È stato necessario un duro e impegnativo lavoro sull’uva per evitare che si guastasse. Coloro che hanno saputo svolgere questo lavoro in modo preciso e tempestivo hanno ottenuto risultati sorprendenti. Altri hanno potuto solo assistere al progressivo avariarsi della maggior parte dell’uva prodotta. Altri ancora, sotto pressione, hanno accelerato i tempi della vendemmia, cercando di salvare ciò che si poteva. Alcune regioni, come quella del Saar o del Nahe sono invece state avvantaggiate e hanno potuto attendere le belle settimane autunnali per avviare le vendemmie. Alcuni viticoltori hanno scelto di non vendemmiare in anticipo, ottenendo una minore produzione ma in compenso la migliore qualità.

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Ho cominciato la degustazione secondo l’ordine con cui erano disposti i tavoli di prova. Per cominciare siamo stati accolti dai viticoltori della Mosella. Il territorio di questa regione è generalmente molto favorito, in particolare se pensiamo all’annata 2015. Il cambiamento climatico regala in questa zona a nord flussi di aria calda. Inoltre i viticoltori di questa regione, potendo attendere con calma il momento della vendemmia, hanno sfruttato pienamente le settimane autunnali caratterizzate da forti sbalzi di temperatura. I vini di questa regione si distinguono così per un intenso e preciso spettro di aromi, raramente riscontrabile. Ancora una volta questi vini ci hanno piacevolmente stupito. Clemens Busch ha presentato uno straordinario Riesling di Marienburger Fahrlay. Non meno emozionante il vino proveniente dalle tarde vendemmie di Falkenlay.

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Theo Haart, ormai in pensione, era presente con sua moglie Edith e ha presentato un Riesling GG Lage Goldtröpfchen, non troppo corposo ma esageratamente pullulante di mineralità, per essere un vino della Mosella. Una novità è stata per me il GG Lage Grafenberg. Conoscevo i Riesling di questa zona, vini fruttati da terreni di ardesia, come il Goldtröpfchen. Una buona annata e la maturità raggiunta dalle viti hanno indotto il viticoltore a imbottigliare per la prima volta nel 2015 un GG secco. Più morbido del Goldtröpfchen, di colore giallo, con lievi note esotiche, al palato quasi vellutato e molto fine, preciso e tagliente subito dopo. Un vino di questa tenuta che mi era ancora sconosciuto. Ottimo lavoro. Il particolare terreno e il microclima di questa zona erano chiaramente percepibili nel bicchiere.

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Già da tempo cercavo un viticoltore in grado di offrire un valore aggiunto per noi e i nostri clienti. E più volte mi è stato suggerito il nome di Thomas Haag, del Castel Lieser. Proprio accanto a Theo Haart c’erano lui e sua moglie, che mi hanno offerto subito un bicchiere. Da decenni la peculiarità di un Riesling della Mosella è l’equilibrio perfetto fra dolcezza e asprezza, affascinando gli appassionati di vini di tutto il mondo con la sua leggerezza e precisione. Mi sono pertanto stupito di quanti viticoltori si siano convertiti ai vini secchi.

 

Thomas Haag appartiene, con livelli qualitativamente eccezionali, a entrambe le categorie.

I suoi vini sono diversi. Speciali. Non bisogna farsi ingannare da un’iniziale leggerezza che si percepisce degustando questi vini. Tutti i suoi vini giungono al palato quasi danzando dolcemente. Il vino che mi è stato offerto è semplicemente straordinario. Non solo perché incomparabile ma anche perché è fra i primi 5 in classifica. Nessuno dei suoi vini, secchi o fruttati, si mostra con qualcosa di troppo o di troppo poco. Questo vino, con la sua leggiadra finezza e un’interminabile e quasi crepitante mineralità non potrà che regalare un piacere eccezionale.

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Ho sorseggiato un bicchiere di Riesling 2015 di Johannes Haart e un Riesling Altenberg della tenuta Othegraven nel Saar.

Mi sono accomodato su una delle poltrone del foyer per gustare questi due vini e percepire intensamente che sensazioni mi davano. Nessuno al mondo, se non i migliori viticoltori di una delle zone vinicole più a nord d’Europa, riesce a coniugare alla perfezione zuccheri residui e asprezza.

 

Complimenti e grazie per queste gustose prove.

 

Accanto sedeva il fratello di Thomas Haag, Oliver, che ha preso in mano da pochi anni la gestione della tenuta. Sono andato da Grans-Fassian, la cui azienda ha sede a Leiwen e poi dalla star della Mosella, J.J. Prüm. Solo a sentire questi nomi, crescono le aspettative. Per farla breve: la regione vinicola della Mosella è in un fase di forte e continua evoluzione. La qualità migliore è cosa di ieri. Molto è buono, ma spesso e purtroppo nella media. Il 2015 non è stato diverso rispetto agli anni passati. I migliori vini che ho degustato richiedono certamente impegno. Per comprendere e interpretare la personalità di giovani viticoltori, ci vuole pazienza e spesso anche una certa dose d’ispirazione.

Dopo la Mosella era il turno del Rheingau. Sono passato a visitare un amico. Peter Jakob Kühn stava solo dietro il tavolo di degustazione. Solitamente sua moglie Angela è sempre al suo fianco, ma per questo viaggio a Berlino è arrivato da solo, con due soli vini in valigia. Il Riesling di Doosberg e di Nikolaus. Non ha portato il 2015, ma il 2014. Ciò che ci ha presentato è davvero speciale. Nulla di comparabile rispetto a tutti i vini presentati durante questo evento. Mi ricordo del Doosberg 2004, già allora straordinario e assai criticato dai giudici del VDP e dalla stampa.

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La famiglia Kühn ha osato nuovamente con entrambi i vitigni, imbottigliando dei vini con ancora più carattere e fascino rispetto agli anni dal 2004 al 2007 e ottenendo il consenso di colleghi e di esperti. Ciò dimostra che il mondo vinicolo tedesco è pronto al cambiamento e che solo le persone che agiscono al limite del possibile diventano protagonisti. Entrambi i vini di Peter Kühn sono unici. Non li riesco a comparare con altri vini. Anche le componenti fruttate sono complesse da definire. Mi sembra di ascoltare una piacevole musica di un’orchestra, dove il direttore riesce a trasportare il pubblico in un viaggio ricco di armonia.

Solo i veri amanti del vino con ampie vedute, che riescono a comprendere fino in fondo il complesso gioco messo in atto da certi viticoltori che coniugano alla perfezione anima e carattere, terreno e uva, saranno soddisfatti dell’unicità di un vino. Il mondo vinicolo sarebbe incompleto senza la famiglie Kühn.

La vicinanza di questa tenuta alla zona del Reno è garanzia di qualità.

Da Helmuth Dönnhoff non ci si può che aspettare ogni anno una qualità eccellente, con i suoi Riesling Hermannshöhle e quest’anno con il GG Brücke. Come non citare il Riesling Felsenberg e Dellchen. Naturalmente anche Emmerich Schönleber e Armin Diel non sono da meno.

I vini di Peter Kühn, il visionario del Rheingau, come Tim Fröhlich, sono semplicemente diversi. Al naso sono poco espressivi, rischiando così di deludere chi lo assaggia. In bocca tuttavia si sviluppa qualcosa di straordinario. Eleganza, corposità, delicatezza, indipendentemente dal luogo di vendemmia delle uve. Il GG Felsenberg è forse un po’ fuori dall’ordinario. Ho gustato questo vino provando un piacevole sentimento di sorpresa.

Anche la regione del Pfalz, come il Rheingau e il Rheinhessen, ha dovuto affrontare non poche difficoltà con quest’annata. Mi sono naturalmente soffermato su quei viticoltori che conosco da anni e da cui compro volentieri i vini. La tenuta Dr. Bürklin – Wolf non ha presentato nessun GG del 2015. Da come mi è stato raccontato, nel corso del 2015 tutto è andato un po’ a rilento nelle storiche cantine della tenuta. Il mondo del Riesling è già ansioso di vedere cosa verrà imbottigliato in autunno. Si parla di qualcosa di favoloso. Abbiamo assaggiato vini spettacolari, a ritroso fino all’annata 1999.

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Accanto si trovava Reichsrat von Buhl, che ha stupito tutti con un Riesling grandioso dal giardino dei gesuiti e con un vino non meno emozionante, il Riesling Pechstein. La regione del Pfalz sarebbe povera senza i terreni nel paese Forst e nei suoi dintorni. Sono andato da Steffen Christmann. Ha presentato due vini (Meerspinne e Idig) che ho degustato con vero piacere e con tutti i sensi. Vini che sono un vero godimento per il palato.

La visita è proseguita con la tenuta Von Winning – Dr. Deinhard, rappresentata da una personalità incomparabile, ricca di carisma e di vitalità. Abbiamo potuto provare tutti i GG, Grainhübel, Kieselberg, Kirchenstück e Pechstein. Molti amanti dei vini celebrano questa tenuta e il suo nuovo stile. Io ho invece provato qualche difficoltà con questi Riesling, molto forti e con spiccate note legnose.

Imperdibile la sosta da Ökonomierat Rebholz, altro nome che ha reso nota la regione del Pfalz. I vini Rebholz sono semplicemente diversi. Forse poco caratteristici, poco corposi e strutturati, ma in compenso vitali. Ricercati da coloro che amano proprio questo stile.

Mancava ancora la regione Franken. Sandra Knoll mi accolto con degli straordinari Silvaner dell’annata 2015.  Anche la regione Baden con i suoi pinot neri mi ha incuriosito, come al solito. Faccio fatica a farmi piacere i vini rossi tedeschi. Anche se la tenuta Huber mi ha offerto tre ottimi pinot neri.

Stavo quasi per dimenticare un vero highlight di questo evento. La tenuta Wittmann della regione Rheinhessen. Dietro al tavolo di prova un Philipp Wittmann di ottimo umore. Un vino migliore dell’altro. Krichspiel e Morstein ai vertici. Morstein è come un gigante con le pantofole di seta. È un privilegio comprare i vini Wittmann. I miei complimenti a questo viticoltore, che con la qualità ottenuta nelle annate 2014 e 2015 ha raggiunto traguardi eccezionali.

Tarda estate a Manincor

La tenuta Manincor a Caldaro ha festeggiato quest’anno il suo 20° compleanno. Non pensavo di essere fra gli ospiti di questa festa. L’invito mi ha piacevolmente sorpreso.

Per questo evento, organizzato in piena estate, mi sono preso volentieri un pomeriggio libero. Sono legato a questa tenuta e al suo direttore, Helmut Zozin, con cui condivido una lunga personale conoscenza e un rispetto reciproco.

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L’evento si è tenuto presso il Castel Campan, storica dimora sopra Caldaro, di cui conoscevo solo il nome. II migliore vino della tenuta prende infatti proprio il nome da questo castello.

Illustri e famosi ospiti del mondo vinicolo si sono incontrati per una straordinaria degustazione. L’avvio dell’evento, come era da aspettarsi, è stato molto formale, con discorsi superficiali fra i presenti.

Solo al momento del saluto di benvenuto del conte Michael von Enzenberg e di sua moglie Sophie e alla successiva apertura della degustazione, l’atmosfera nella storica cantina, grazie al cielo, si è un po’ sciolta.

La degustazione è stata un viaggio negli ultimi 20 anni e ha rappresentato chiaramente la crescita e il lavoro straordinario maturato negli anni a Manincor. La degustazione è stata anche la dimostrazione della forte evoluzione che subisce la cultura vinicola nelle zone della Bassa Atesina, in Alto Adige.

Abbiamo provato 20 vini. 5 mini-degustazioni verticali con 4 prove. Ogni anno provo una gran varietà di vini, provenienti da tutta Europa, sedevo tuttavia al tavolo di prova con una leggera tensione e tanta gioia. Centinaia di bicchieri Zalto, creati appositamente per l’occasione, un tavolo di prova di legno massiccio e una coppia di padroni di casa in forma smagliante, rendevano l’ambiente straordinario.

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L’evento è stato diretto dal Conte, insieme al Direttore Zozin. Informazioni interessanti e utili hanno reso la presentazione brillante, anche grazie ai commenti simpatici della moglie Sophie, che ha supportato suo marito con charme e carisma.

Non vi racconterò le caratteristiche di tutti i 20 vini, cari lettori, ma ci tengo a rivelarvi alcuni particolari che mi hanno davvero sorpreso.

A cominciare dalla prima degustazione verticale del Cuvée Sophie. Abbiamo degustato le annate 2012, 2010, 2001 e 1999. Tutti i vini erano ancora freschi ed emozionanti. Il vino che mi ha sbalordito di più è stato quello dell’annata 2012. Un vino bianco che dimostra tutto il potenziale dello Chardonnay in Alto Adige. Già all’olfatto questo vino stimolava il palato e la produzione di saliva. Un’emozione già al primo sorso, anticipata da un forte profumo salato di erbe aromatiche piuttosto che di aromi esotici. Corposo, assolutamente non ampio, lascia in bocca note minerali e una piacevole freschezza.

Come secondo vino bianco, sono state presentate 4 annate di Liebeneich. Uno Sauvignon raccolto presso Terlano e nei suoi dintorni. Abbiamo provato le annate 2010, 2004, 2001 e 2000. La freschezza di questi vini mi ha nuovamente meravigliato. Perfino il Liebeneich del 2000, un anno caratterizzato da un’estate torrida e secca, ha mostrato tutta la sua freschezza, la sua anima esotica ed esaltante. Naturalmente si percepiva anche l’alcol, che al palato tendeva a coprire la succosità, frenando un po’ il piacere di sorseggiarlo. Tutti i 4 Sauvignon hanno tuttavia mostrato molta forza e corposità, l’annata 2010 pur se ancora giovane, cercava di racchiudere in sé, in modo armonico, tutte quelle componenti che solitamente cerchiamo nei vini. Forse un po’ sgraziato, con note leggermente aggressive al palato, uno Sauvignon non certo stridente, ma che con gli anni è maturato e si è fatto strada fra i vini in Alto Adige, come ha dimostrato la prova.

Siamo poi passati al primo vino rosso. Mason delle vendemmie 2013, 2012, 2005 e 2002. Sappiamo tutti quanto sia arduo imbottigliare un pinot nero di alto livello. Mason die Mason 2012, ma anche 2013, dimostrano, con eleganza e grazia, tutta la forza di questo vitigno in Alto Adige.

Dietro questo vino vi sono l’impegno preciso e scrupoloso e il forte istinto di chi lavora in questa tenuta, alla ricerca di armonia, dalla lavorazione del terreno fino all’imbottigliamento. Gli amanti dei vini non potranno che adorare questo pinot nero, che solo in poche annate e in poche tenute vinicole dimostra tutto il suo potenziale in Alto Adige.

Questo evento è stato anche l’occasione per ritrarre l’evoluzione subita da questa tenuta vinicola negli ultimi 20 anni. La svolta sostenibile dell’agricoltura, l’abbandono di sostanze chimiche, la progressiva rinuncia alla coltivazione convenzionale hanno prodotto i loro risultati in bottiglia, sorprendendoci ancora di più.  Nei vini delle annate 2012 e 2013 ho percepito maggiore vitalità.

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Il tempo passava e dovevamo visitare puntualmente un ristorante a Caldaro.

Siamo passati a 4 annate di Cassiano, 2011, 2009, 2004 e 1997.

Questo vino, risultato di una mescolanza di viti di origini non altoatesine, si presenta molto vivace e brioso. Si avverte però la fatica di queste viti ad adattarsi a Caldaro. La fase di adattamento è certamente passata, ciò nonostante non sono riuscito a percepire leggerezza, vitalità e brio. Ho gustato con vero piacere l’annata 2004, caratterizzata da fresche temperature. Volentieri ne avrei bevuto un altro bicchiere.

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Tutti aspettavano con emozione il vino sovrano, il Castel Campan. Questo Cuvée si compone solitamente per quasi il 90% di Merlot e per un 10% di Cabernet Franc. Ci sono state servite le annate 2011, 2009, 2003 e 1999. Poco tempo fa ho piacevolmente gustato con alcuni ospiti l’annata 2009 Magnum. Di tutti i 20 vini assaggiati, l’annata 2009 Castel Campan è stata ai vertici della serata, dimostrando il reale potenziale in Alto Adige. Nonostante l’annata 2011 sia stata più maestosa e piena al palato, quella del 2009 è stata insuperabile. Un vino elegante e complesso, che evoca aromi di frutti scuri, percepibili nel profondo. Un’esperienza autentica.

Sono molto contento di essere stato invitato a questa degustazione. Per me è stata un’esperienza fantastica, con vini della mia regione, cui spesso, nel caotico mondo delle degustazioni internazionali, si dedica poco tempo. L’Alto Adige è emozione pura e la qualità dei suoi viticoltori cresce repentinamente. Sono curioso di partecipare alle degustazioni dei prossimi anni.

 

Tenuta Jacques Carillon Puligny – Montrachet

Jacques Carillon è un uomo molto occupato. Non è stato facile concordare un incontro con lui. Grazie alla nostra insistenza ci siamo riusciti.

In una bellissima giornata autunnale, ci siamo trovati puntualmente di fronte al portone della cantina del podere, nel cuore della cittadina di Puligny. Jacques ci ha accolto calorosamente e si è preso tutto il tempo necessario per presentarci la tenuta vinicola e soprattutto i suoi vini.

Questa tenuta storica – citata già nel lontano 1520 – si estende per 5,5 ettari, in gran parte nel comune di Puligny – Montrachet. Solo una piccola parte si trova a Chassagne, a Saint Aubin e presso Mercurey.

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Il signor Carillon ha creato il suo piccolo podere, che annualmente produce ca. 20.000 bottiglie, nel 2010. La tenuta, fondata dal padre Louis Carillon, è stata suddivisa, dopo la sua morte, tra i fratelli Jacques e Francois.

Jacques ha avviato un’agricoltura biologica senza certificazioni, rinunciando a qualsiasi tipo di pesticida. La fermentazione dei mosti avviene spontaneamente, senza l’ausilio delle tecniche diffuse nelle cantine moderne, come la correzione d’acidità e tanto altro ancora. La vendemmia è ovviamente condotta a mano.

L’obiettivo è di portare nella bottiglia tutta la ricchezza dei terreni calcarei e segnati dal tempo. Per questo il viticoltore pone molta attenzione nel preservare viti forti e vitali, esaminando in modo molto preciso il vitigno, dalla potatura al momento, scelto in modo scrupoloso, della vendemmia, fino alla selezione minuziosa dei grappoli.

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I vini della tenuta Jacques Carillon si distinguono per succosità e tipicità. Dopo un primo contatto con il naso, il vino, come in una fluida danza, scivola sulla lingua, stimolando una delicata salivazione. Tutti i vini hanno qualcosa in comune: un gusto profondo, non opulento, piacevole e dalle note minerali. Nessun vino presenta un carattere troppo robusto.

War sein einfachster Wein, ein Puligny – Montrachet der graziöse Ballettänzer, dann zeigte sich sein 1er Cru Les Perrières

als die Gande Dame mit viel Charme aber trotzdem sportlich und ausdauernd.

Il Cru Les Champs Canet si distingueva per forza e calma interiore. Sulla lingua è come se corresse sui binari. Delicato al primo sorso, succoso e pieno al palato, complesso e vibrante subito dopo.

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I vini di questo viticoltore, taciturno e molto cortese, non sono per domani o dopo domani. Sono vini che sapranno stupire per decenni, con sempre nuove sfaccettature e caratteristiche. Appunto, vini con stile e carattere.

Etna e mare

Sono ormai trascorsi quasi 12 anni da quando ho visitato per la prima volta i vigneti attorno all’Etna, nella meravigliosa Sicilia. Allora i viticoltori erano pochi e non c’erano ancora bramosi investitori alla ricerca di facili guadagni.

Sono rimasto stupito di quante cose siano cambiate nel frattempo su quest’isola.

L’ospitalità dei siciliani, talvolta al limite dell’imbarazzo, non è andata perduta nel corso degli anni. Anche lo straordinario paesaggio è rimasto intatto. Mi hanno invece colpito alcune evidenti tracce lasciate non certo dalla popolazione locale, bensì da avidi imprenditori, che certo non posso definire vignaioli, e che hanno intuito affari facili.

4 giorni di eccellenti degustazioni e di squisite mangiate in ristoranti e in semplici trattorie, la mia passione.

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Della mia prima visita su quest’isola ricordo con piacere un viticoltore. Si tratta di Ciro Biondi, della piccola località di Trecastagne, sotto l’Etna, a circa 480 metri s.l.m.

Questo viticoltore mi ha nuovamente stupito lo scorso gennaio, distinguendosi rispetto ad altri.

Ciro Biondi è stato sicuramente uno dei primi a cercare di comprendere in tutte le sue sfaccettature il territorio attorno al fumante vulcano. I risultati del suo lavoro si percepiscono all’assaggio dei suoi vini.

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Un uomo di poche parole, modesto e cortese.

I suoi vigneti (circa 7 ettari) sono posti al di sopra della località di Trecastagne e si estendono fino a 900 metri s.l.m. Le viti, vecchie quasi 40 anni, si trovano ai piedi di crateri non più attivi oppure su terrazze di pietra lavica.

Alle pendici del monte, il terreno è più profondo e la superficie è ricoperta da un sottile strato di humus, originato da sabbia e terriccio portati dal vento. Sulle terrazze murate, poste sui pendii al di sotto dei crateri predomina la terra nera del vulcano. Si è rinunciato consapevolmente all’irrigazione.

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Abbiamo degustato i pregiati vini bianchi del 2014 e i rossi del 2013 in un capanno in mezzo ai vigneti.

Etna Bianco Outis 2015, degustazione da botte:

Al naso spicca la sua nobiltà, humus fresco che rievoca le erbe di montagna, un lieve tocco esotico, al palato molto vivace, un vino ancora torbido, in fase iniziale. Stupefacente!

Etna Bianco Chianta 2014

Al naso ancora questo profumo di erbe. Ci attende un vino spettacolare. I vini di Biondi sono dotati di forza profonda e rievocano terreni scuri. Al palato è profondo, pulsante e molto salino, vibrava sulla lingua fino al profondo palato, facendo venire la voglia di un altro sorso.

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Etna Rosso Outis 2014

Prima della degustazione di questo vino rosso non sapevo che il Nerello, che cresce su rocce vulcaniche, fosse così elegante e raffinato. Caratteristiche che si rispecchiano nei vini di questo viticoltore.

Outis è il minore dei tre vini di questo viticoltore. Cosa ci aspetterà ancora? Non troppo alcolico, con i suoi tannini maturi e sapori di frutti scuri, regala alla bocca un sapore straordinario. Un vero piacere!

Siamo andati in paese, nella storica cantina della famiglia, per altre degustazioni da botte.

Il viticoltore ha offerto una prova da una botte di legno sulla quale era riportata l’etichetta Contrada Monte San Niccolò 2014.

Che vino rosso! Rievoca i sapori di frutti di bosco scuri, che già all’olfatto lasciano un po’ l’acquolina in bocca. Un leggero aroma di terra tiepida e appena arata dona rispetto! All’olfatto fa venire subito voglia di provarlo. Una sensazione rara, che di solito percepisco con grandi Nebbioli oppure con ottimi pinot neri.

Un vino straordinario, nonostante la sua giovinezza. Questo Etna rosso non si dimostra troppo pesante o ampio. Con la sua armonia, eleganza e forza ci regalerà ancora piacevoli momenti. Saranno imbottigliate 1200 bottiglie.

Etna Rosso Vigneto Cisterna Fuori 2014

In cantina ci sono due piccole botti di questo vino del 2014. Già fuoriuscendo dalla botte questo vino mostra il suo colore rosso, non scuro e sorprendentemente brillante: all’olfatto è intenso, con richiami di pellame fresco, caffè e cioccolato amaro. Al palato è ancora più intenso rispetto al vino precedente, più forte e vibrante. Forse ancora un po’ spigoloso.

Un vino dal grandioso futuro!

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I miei complimenti a un viticoltore che si contraddistingue per ottima qualità e legame col territorio.

Ogni sua bottiglia saprà regalarci veri momenti di piacere. Le bottiglie non sono molte: Ciro Biondi produce ad ogni vendemmia circa 20-25.000 bottiglie.

Miani

Enzo Pontoni, patron della cantina Miani presso Buttrio, vicino a Udine, rappresenta una vera icona del viticoltore che ha lavorato duro.

La sua pelle è segnata dal sole e dal vento, le sue mani mostrano il duro lavoro con le vigne e ricordano una vite logorata dalle intemperie.

Siamo stati accolti calorosamente dalla madre Edda Miani (80 anni). Una breve conversazione con lei, poi è subito arrivato Enzo, con una Fiat Punto che ricorda esattamente il suo padrone: segnata dalle numerose uscite fra le vigne, i sedili consumati e lo scarico che tocca qua e là, ma funziona ancora.

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Abbiamo l’impressione che il tempo scorra davvero velocemente in questa cantina che ho visitato ben 30 anni fa con mia moglie. Qui tutto ruota attorno al lavoro, dedicato sia al terreno sia alle vigne.

La cantina è spartana e funzionale. Nonostante i 22 ettari di vigneti gestiti da Enzo, tutto è molto piccolo e ben disposto. Le vigne si trovano esclusivamente nel territorio dei “Colli Orientali del Friuli”, ricco di marna e argilla. Le vigne, soprattutto quelle più giovani, devono essere concimate annualmente con letame di bovini e humus, per riequilibrare un terreno geologicamente recente (80.000 anni) e salvaguardare l’eccezionale qualità delle vigne.

In questa cantina si pone l’accento su una produzione limitata ma equilibrata. Per i vini rossi l’ideale sono 3 grappoli di medie dimensioni per vite, per i vini bianchi poco di più.

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La potatura è molto tardiva. I trattamenti con rame e zolfo vengono sospesi quando l’uva comincia a prendere colore. Enzo è convinto che sulle bucce rimangano rilevanti resti di queste sostanze che potrebbero apportare danni al vino. Una novità che nessun viticoltore mi aveva fatto notare finora.

Quando mi ha raccontato, poco prima della vendemmia 2015, di una buona produzione e di una buona qualità, ma non di più, ho pensato a una produzione di forse 50/60 mila bottiglie. Ho sbagliato alla grande. Se tutto va bene, saranno prodotte poco più di 20 mila bottiglie.

Siamo andati a visitare i vitigni. Il Corno di Rosazzo è un pendio ripido, dove le viti crescono su terrazze: che panorama! L’altitudine a quasi 300 m s.l.m. permette una vista a 360° su tutto il Collio e i Colli Orientali. Siamo vicini al confine con la Slovenia e gran parte dei vitigni del famoso Collio si trovano in Slovenia.

Filip, un piccolo vitigno coltivato a viti Merlot e Tocai molto vecchie, esprime la mescolanza di culture di questa zona, quando qui si coltivavano anche frutta e verdura.

Abbiamo assaggiato l’uva che si prevede di raccogliere fra ca. 3 settimane. Che dolcezza, si nota subito la varietà e la nobiltà di queste uve.

E ora la degustazione.

In cantina Enzo nasconde un posticino per le sue riserve private e per le bottiglie da degustare con amici. Solitamente in questa cantina non hanno tempo per i visitatori. Trascorrere una serata con questo signore modesto e carismatico è stato per noi un privilegio. Enzo ha preso alcune di queste rarità. Le abbiamo degustate assieme a una gustosissima merenda in garage, su un tavolo improvvisato con qualche pezzo di legno.

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Abbiamo cominciato con un Sauvignon Saurint 2003 Magnum. Un inizio pesante. Il vino mostra il caldo di quell’estate e l’influsso dell’impiego di nuovo legno. Un vino buono, per niente smorto, anzi, di carattere e dominante ma non ridondante.

Abbiamo poi aperto una Ribolla 2006, nuovamente Magnum. Con questa bottiglia si esprimono la perfezione e l’esperienza di un viticoltore di qualità. Che vino! Una limpidezza cangiante, questo vino si mostra molto brillante. Non è il vino preferito del patron Pontoni, ma questo segna l’inizio del nostro viaggio in un mondo di vini tutto particolare.

Pontoni ha poi aperto una Ribolla 1993. Certo questo vino mostra tutti i suoi 20 anni. Più riposa nel bicchiere, più interessante e complesso diventa all’olfatto e al palato. Mentre gli altri discutevano a lungo di questo vino, io mi sono goduto con gioia il mio bicchiere di vino, che ricorderò come una speciale rarità.

È stata poi la volta di tre vini del 2009, un’annata molto buona per questa cantina. Tutti Magnum: Sauvignon Saurint, Sauvignon Banel e Chardonnay Baracca.

Presto mi è diventato chiaro il motivo per cui questa cantina viene spesso presa a riferimento per la valutazione degli altri vini bianchi italiani.

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Un’annata davvero speciale che esprime il potenziale di questo territorio: vini difficili da descrivere ma che richiamano alla perfezione.

Abbiamo poi degustato due vini rossi. Un rosso Miani del 2007 e un Merlot di recente imbottigliamento, del vitigno Filip, annata 2012.

Sto già pregustando il momento dell’acquisto del Merlot a novembre. Lo conserverò assieme ai vini di quei viticoltori che mi hanno regalato particolari emozioni.

Purtroppo, il Rosso Miani 2007 era già finito. Durante la degustazione ho notato che questo vinello della tenuta è stato proposto un po’ troppo presto.

Grazie a questo formidabile viticoltore per il tempo che ci ha dedicato!

 

Annata 2014 – il rischio è stato premiato

Molto è stato raccontato dell’annata 2014 nei vigneti austriaci e ben poco è stato detto di positivo: tutti ricordano l’umidità e il caldo dei mesi autunnali.

Ciò sarà pur vero, ma durante il mio viaggio a inizio maggio ho potuto constatare anche qualche elemento positivo. Non pochi viticoltori erano euforici nel presentare i vini provenienti da uve raccolte in condizioni dure ma non disperate.

Il 2014 è la prova che non esistono più annate pessime. Esperti viticoltori come Bernhard Ott, Rudi Pichler o Toni Bodenstein della tenuta Prager – solo per nominarne alcuni – hanno saputo cogliere l’occasione, imbottigliando vini fra i migliori che io abbia degustato negli ultimi mesi.

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Per domare le condizioni avverse del 2014 sono stati fondamentali l’esperienza nella vendemmia e i nervi di ferro, nella consapevolezza che l’attesa del momento ideale di vendemmia e la minuziosa selezione delle uve avrebbero comunque comportato grandi perdite di raccolto.

Anche Schloss Gobelsburg, non più annoverabile fra le piccole aziende, ha saputo affrontare al meglio questo anno.

In un clima di sfida, produrre il Riesling è stato decisamente più facile rispetto al Grüner Veltliner.

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I Veltliner di Bernhard Ott primeggiano fra i vini dell’annata 2014. Questo viticoltore ha risposto alle sfide della natura con un’agricoltura biodinamica nonché decisioni ben ponderate e prese al momento giusto.

In questa tenuta è stato deciso già a gennaio di declassare il raccolto dei vigneti Spiegel, Stein e Rosenberg e di sostenere la qualità dei classici “Am Berg, Fass 4 e Der Ott”.

Certamente ciò ha comportato perdite economiche, ma in questa tenuta la tutela della qualità viene prima della massimizzazione del profitto.

Il vino imbottigliato è straordinario. Tutti e tre i vini si caratterizzano per una leggera e quasi danzante eleganza. Eccezionale il “Der Ott” 2014. Questo vino proviene da vecchie viti selezionate. Anche la mano delicata del viticoltore ha regalato a questo vino, che porta il nome della famiglia, una qualità incomparabile. Gradazione alcolica moderata, mineralità fresca e quasi salina e aromi fruttati rendono questo vino ricco di charme e raffinatezza. Il Grüne Veltliner riserverà grandi gioie per anni.

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Anche Schloss Gobelsburg propone degli ottimi Grüne Veltliner. E Michi Moosbrugger è riuscito a domare egregiamente un’annata davvero difficile. Spiccano i suoi Riesling. L‘”Urgestein” racchiude in sé le caratteristiche tipiche di questi luoghi e di quest’annata.

Anche nella Wachau, il 2014 è stata l’annata del Riesling piuttosto che del Grüner Veltliner. Chi ha saputo equilibrare gli elevati valori di acidità, ha avuto i nervi saldi di aspettare che i fenoli avessero i tanto aspirati valori e non si è risparmiato nella selezione delle uve è riuscito a imbottigliare fra i migliori vini di questa regione.

Purtroppo c’è anche il rovescio della medaglia. Alcuni vini, soprattutto quelli di media qualità, mostrano tutte le anomalie di questa annata umida e fredda.

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Alcuni viticoltori hanno deciso di modificare i valori di acidità e di zucchero. I vini così ottenuti erano naturalmente di tutt’altra qualità. Viaggio in questi luoghi già da decenni. Alcuni vini degustati non mi hanno emozionato, erano poco armonici e poco vibranti e purtroppo spesso complicati da capire.

Quindi, caro amante del vino, devi avere pazienza nel cercare un buon vino. Di certo l’annata 2014 sa stupire e ci emozionerà per diversi anni: un’annata straordinaria, sia in senso positivo sia negativo.

 

Una straordinaria degustazione verticale!

Barolo Bric del Fiasc 1978 – 2008 – Azienda Vitivinicola Paolo Scavino a Castiglione Falleto

 

Ringrazio infinitamente la famiglia Scavino per avermi invitato a questa straordinaria degustazione verticale nelle meravigliose cantine del suo vigneto.

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Arrivò finalmente il 20 marzo!

 

Dopo il benvenuto del padrone senior Enrico Scavino e il suo piacevole racconto del percorso storico dell’azienda, siamo stati accompagnati all’aperitivo nel giardino della tenuta.

Verso le 12.30 ci attendeva la cantina del ristorante „La Ciau del Tornavento“ di Treiso, con i tavoli meravigliosamente decorati. Tutto era preparato alla perfezione, con i nomi degli invitati ai tavoli e 3 bicchieri da Pinot della “Zalto”. L’atmosfera era perfetta.

Cuochi d’eccellenza hanno viziato gli ospiti con uno speciale menu. Un omaggio a questa splendida regione delle Langhe, con i famosi centri viticoli Barolo e Barbaresco. Qui la gente è molto orgogliosa e modesta!

Ma ora è il turno dei vini!

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Sono stati serviti dapprima il Barolo Bric del Fiasc 2008, poi quello del 2004 e infine quello del 2001. L’annata 2008 è stato il vino principale per tutto il menu. Un bel Barolo, perfetto per il menu, invitante e amabile. Dopo è stata la volta di due Barolo del secolo scorso. Una degustazione davvero variegata.

Vini che dimostrano sapientemente l’evoluzione del clima negli anni e che trasferiscono in un bicchiere tutta la personalità del viticoltore. Sono convinto che i vini abbiano questo potere.

La degustazione è stata emozionante e stimolante. Soprattutto quando è stato il turno dei Barolo del 1997, 1996, 1989 e 1985. Mi limito a descrivere questi 4 vini.

Ho cominciato nel 1985 a comprare da Scavino. Mi ricordo ancora la degustazione di 30 anni fa, con Enrico Scavino e sua moglie, che oggi purtroppo non era presente per motivi di salute. Questo vino mi affascinò già 30 anni fa e oggi ho l’enorme piacere di poterlo nuovamente degustare, dopo tutti questi anni!

Nei meravigliosi bicchieri Zalto il vino mostra qualche “capello grigio”, ma lo trovo sempre ancora brillante, carismatico e graziosamente elegante.

Il 1989 pullula di bacche nere e di cioccolato amaro. Succoso al palato, una bella leggerezza e un’infinita lunghezza. Un finale meraviglioso, con intense note fruttate.

Il 1996 rappresenta un’annata descritta da molti viticoltori come buona ma molto complessa e stimolante. Si caratterizza per una profondità dagli aromi fruttati. Solo il paziente amante di vini scoprirà anche note di tabacco e di cuoio. Ricorda anche la conserva di frutti di bosco.

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Al palato è robusto, leggermente amaro. Diventeranno mai morbidi e gradevoli questi tannini?

Il 1997 è stato il protagonista del giorno. Che vino! Affascinante già all’olfatto. Tutto ciò che un Nebbiolo esprime è intensamente contenuto in questo bicchiere.

Al palato ritrovo le note giovanili, è succoso, elegante, ricco di complessi aromi fruttati. Invoglia chi lo gusta a esplorare ancora qualche sapore e aroma, venendo accontentati in tale ricerca. Sul finale questo vino mostra al gusto e anche al colore qualche “capello grigio”, ma ciò non disturba e lo si gusta molto volentieri.

 

Complimenti e grazie a questa straordinaria famiglia di viticoltori!
 

 

Pinot – Emozione pura

In occasione di una degustazione organizzata da uno dei miei partner d‘affari in un ristorante a Roma, ho avuto la possibilità di assaporare con calma 20 varietà di vini rossi e bianchi delle annate 2010, 2011 und 2012.

Tutti Pinot. Eravamo 30 amici, appassionati di vini. La degustazione era organizzata in modo perfetto, grazie alla passione del proprietario nonché sommelier Giulio.

Sono stati presentati i vini di 4 viticoltori.

Domaine Jacob Lucien da Echevronne, Domaine Hermann Geoffroy da Gevrey Chambertin, Domaine Humberts & Freres da Gevrey Chambertin e Domaine Antoine Jobard da Mersault.

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Abbiamo deciso di degustare i vini per singolo viticoltore. Ciò ha comportato spesso la degustazione contemporanea di bianchi e rossi. Per ultimo abbiamo tenuto il Mersaults di A. Jobard.

Premetto che quel pomeriggio abbiamo avuto il privilegio di degustare vini straordinari, alla soglia della pura perfezione.

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Oggi non ho preso appunti ma mi sono trovato a moderare questa degustazione. Ciò nonostante, dato che mi trovo in treno, di ritorno a Bolzano, ho voglia di fissare qualche ricordo sulla carta, finché è fresco.

Seppur convenienti, i vini di Jakob Lucien hanno mostrato l’eccellenza dello Chardonnay e del Pinot Noir. Al signor Lucien riesce sempre, a bassi livelli di prezzo, a imbottigliare ottimi vini. I vini ideali per chi comincia ad avvicinarsi a questo affascinante e “pericoloso” mondo.

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I vini provenienti dalle vigne di Hermann Geoffrey, poste nel cuore del piccolo paese Gevrey, esprimono al meglio l’eccellenza del vero pinot nero.

Il Gevrey Chambertin 2011 Vielles Vignes e il Lavaux S. Jaques, anche del 2011, nonostante la loro giovinezza, hanno strappato un piacevole sorriso agli ospiti che li degustavano, comprovando la qualità di questi ottimi vini.

Abbiamo poi degustato, nei nostri bicchieri Zalto, l’annata 2012  di Emanuel Humbert, amico e vicino di Hermann Geoffrey.

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Bourgogne rouge, Gevrey Chambertin Vielles Vignes, Gevrey Chambertin 1er Cru Poissenot, Gevrey Chambertin 1er Cru Petit Chapelle e infine Charmes Chambertin Grand Cru

 

Se con i vini di Geoffrey spiccava la profonda e scura nota fruttata, era ora il turno di una piacevole combinazione fra setosa eleganza e freschi frutti di bosco. Un’imprevedibile lunghezza, dal cuore vibrante e una piacevole leggerezza si esprime in questi vini di Emanuel, alla soglia della perfezione.

Nonostante la loro giovinezza, questi vini hanno confermato che non è necessario attendere anni o decenni per ottenere ottime qualità.

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Era poi il turno dei Mersault del raccolto 2012, opera del giovane e sorprendente viticoltore Antoine Jobard, vitigno F&A. Jobard. Gustando il suo Pinot Blanc, non abbiamo più provato nostalgia per i precedenti eccellenti vini rossi.

Che vino ospitava il nostro bicchiere! Ciò che è seguito è stata una degustazione degna.

 

Non voglio sprecare troppe parole per descrivere la qualità di questi vini: in sintesi, anche questi Chardonnay erano di livello superiore. Ciò che ci ha sorpreso è stata la sapienza con cui il viticoltore cura le vigne in questi terreni davvero speciali, presso Mersault. Ricordo con piacere una passeggiata dopo un temporale in agosto. Grazie alla complessità e all’originale mineralità di questi vini bianchi, questo giovane viticoltore viene annoverato fra i migliori produttori di vini.